Jannacci al Filodrammatici

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ro-mario
00giovedì 22 settembre 2005 11:16
bel teatrino, piccolo piccolo (nulla a che vedere con i teatri delle grandi metropoli, tipo quello di Lovere[SM=g27837] , ma accontentiamoci...). Essere in seconda (come me, il Rob e Chiara) o in ultima fila cambia ben poco...
Jannacci arriva vestito di nero e con la giacca rossa ("mi chiedono: come fai a essere milanista con quello li? questi qua non tengono presente che io c'ero già PRIMA... anche prima che lui nascesse... che poi, lui è il padrone del Milan, io faccio fatica a essere padrone di me stesso... non riesco nemmeno a essere competitivo con me al supermercato"), che abbandona quasi subito per il troppo caldo. Cinque musicisti dietro di lui, e si parte con le canzoni in milanese... "per un basin", come a Monza, è strepitosa. Ecco, forse l'unico "difetto" dello spettacolo è che il repertorio canzonettistico è troppo simile a quello dell'ultimo concerto che ho visto. Però, è un difetto solo per noi tre, che l'abbiamo visto poco tempo fa. Dal soffitto calano sul palco sei lampadine, di cui una va a intermittenza (ed, ovviamente, è proprio quella che serve a Enzo per leggere i brani di prosa... con lui che ci gioca parecchio, alzandosi sulle punte dei piedi per cercare di colpirla con l'indice e farla funzionare meglio). Alla sinistra del palco c'è un leggio, dal quale Jannacci legge alcuni brani (che, a sentire i giornali, dovevano essere tratti dal famoso libro scritto con Beppe Viola, ma che a) sono stati attualizzati o b) non è vero). I brani tolgono ritmo allo spettacolo, alcuni sono riusciti, altri meno... ce n'è uno, in particolare, che parla di Rashid, un bimbo iracheno che raccoglie bossoli per terra per farne collane da vendere agli americani per un dollaro, che vede morire il padre: eccezionale. (da "L'everest": "sull'Everest, come in tutte le località delle Dolomiti, c'è un ritrovo pieno di richiami orientali: "Motta").
In ogni serata di Jannacci c'è un leit-motiv: ieri sera ce l'aveva con quello che chiede di "smorzare i toni": "ma stiamo scherzando? non li smorzo mica, io, i toni, anzi..."
La cosa che colpisce di più, in un concerto di Jannacci, è il rapporto inverso padre/figlio tra Enzo e il Paolino... come ha cantato in Lettera, sembra davvero che il figlio sia il padre, e viceversa: Paolo lo dirige, è la colonna a cui Enzo si appoggia quando non si ricorda quale pezzo deve cantare... E Paolo si diverte un mondo, guardando il padre comportarsi come il genio pazzoide che è. Letteralmente esaltante il finale, con Enzo e Paolo allo stesso pianoforte a cantare "Bartali".
Applausi scroscianti, che costringono Jannacci a tornare sul palco coprendo il petto nudo (era davvero convinto di starsene andando a casa...) con il solo giubbotto...

p.s.: "è questo, il vero problema del nostro paese: troppo pochi giocatori di tennis, troppo pochi giocatori di golf, troppo pochi campi di polo..."
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