POLTRONA, POLTRONA CHE COSA NON SI FAREBBE PER TE!

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INES TABUSSO
00martedì 21 febbraio 2006 20:37


CORRIERE DELLA SERA
21 febbraio 2006
Strappo di Turci e Buglio Via dai Ds per la «Rosa»
Il senatore: altri compagni mi seguano In corsa anche l’ex diessino de Giovanni

ROMA - Lanfranco Turci, senatore Ds, presidente della Lega delle cooperative per cinque anni, si candida con la Rosa nel pugno. La notizia arriva in tarda mattinata e provoca un maremoto al Botteghino perché il segretario, Piero Fassino, nulla sapeva di questa decisione dell’esponente dell’area liberal della Quercia. Eppure la scelta di Turci era, in qualche modo, obbligata, come spiega lui stesso: «Dopo il referendum sulla fecondazione assistita - dice il senatore - è calata, da parte dei Ds, una sorta di cortina di silenzio. A fronte di una linea molto spregiudicata da parte di Rutelli e delle forze che si erano opposte all’iniziativa referendaria, ho visto un atteggiamento silenzioso, quasi remissivo, da parte dei diesse, e questo lo ritengo sbagliato». Turci, infatti, si era impegnato in prima persona nella battaglia per quel referendum. Ed è lì che è nato il suo rapporto forte con i radicali, e la conseguente decisione di candidarsi con la Rosa nel pugno. «Ho sentito in queste settimane - racconta ancora il senatore della Quercia - tante compagne e compagni simpatizzanti e militanti dei Ds esprimere una situazione di disagio. Mi auguro che questa mia scelta dentro la Rnp per la vittoria dell’Unione trovi altri consensi, altri compagni che si impegnino in questa strada per dare più efficacia alle battaglie di sinistra e di libertà».
Un’affermazione, quest’ultima di Turci, che non può non preoccupare i vertici della Quercia. Perché è vero - e i Ds ne hanno avuto prova in diverse assemblee di sezione - che un pezzo dell’elettorato diessino è sensibile al fascino della Rosa nel pugno e rimprovera al proprio partito di aver abbandonato i valori laici per inseguire la Margherita nella rincorsa del voto cattolico. Non è un caso, infatti, che un altro esponente vicino ai Ds, il professore Biagio de Giovanni, abbia deciso di correre con la Rnp. Non per essere eletto, ma per fare da testimonial a questa formazione: «La mia - spiega il politologo - vuole essere una semplice testimonianza, calorosa e convinta, per l’affermazione di una sinistra moderna, laica, radicale, socialista, liberale che porti aria fresca, idee, passioni nuove in un quadro nel quale sembrano prevalere, anche a sinistra, atteggiamenti conservatori, se non addirittura regressivi, su molti temi».
Turci, dunque. Poi de Giovanni. E prossimamente anche il deputato-operaio Salvatore Buglio, contattato dai radicali. Al Botteghino c’è preoccupazione. Perché questi episodi sono un segnale di una sorta di inversione di tendenza: finora era accaduto sempre il contrario, e cioè che i socialisti approdassero nella Quercia. E perché la decisione dell’ex presidente della Lega delle cooperative - che aveva attaccato l’operazione Unipol su Bnl - non può essere derubricata a scelta opportunistica per la ricerca di un seggio, anche se è vero che Turci non sarebbe stato ricandidato. Perciò i vertici del partito rispondono con una nota in cui sottolineano il loro «stupore» per questa candidatura: «Solo pochi giorni fa - sottolinea il comunicato dei Ds - Turci aveva accolto con soddisfazione la proposta avanzatagli da Fassino di essere impegnato in una significativa funzione di governo». Insomma, gli avevano offerto un sottosegretariato. Ma il fatto che Turci, alla fine, abbia rifiutato quell’ipotesi rende ancor più difficile per la Quercia sostenere che la sua è stata una scelta strumentale.
M. T. M


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Fassino: Lanfranco, che errore Per te c’era un posto al governo
ROMA - Piero Fassino legge le agenzie di stampa su Lanfranco Turci e si attacca al telefono. Il leader dei Ds è fuori dalla grazia di dio. Cerca Enrico Boselli per protestare con il leader dello Sdi. Ma il numero uno dei socialisti non è rintracciabile. Lo troverà molte ore dopo, nel tardo pomeriggio, quando l’arrabbiatura è un po’ passata. Una conversazione garbata, benché assai fredda. Fassino chiede perché mai la Rosa nel pugno abbia sottratto un importante esponente di partito alla Quercia. Ma non va oltre, perché Boselli è pronto a recitargli «la lista di tutti i socialisti» che il leader dei Ds ha deciso di presentare sotto le sue bandiere: da Pierluigi Severi a Pietro Larizza, per arrivare all’ex sovrintendente della Scala Carlo Fontana, tanto per citare gli ultimi. E quindi Fassino non può sfogare la sua rabbia in quella telefonata. In compenso, lo fa prima, con lo stesso Lanfranco Turci. «Non è ammissibile che io abbia dovuto apprendere la notizia che tu ti candidavi con la Rosa nel pugno dalle agenzie», si lamenta il segretario della Quercia. Ma Turci gli spiega che è stato tutto frutto di un equivoco: «Ti avevo mandato una lettera per annunciarti la mia decisione e non sapevo che la notizia sarebbe invece apparsa in mattinata: sarebbe dovuta uscire nel pomeriggio».
Nella conversazione, alquanto animata, Fassino lascia intendere che Turci ha optato per una candidatura con la Rosa nel pugno solo perché il partito non lo ripresentava, causa raggiunto limite dei mandati. «Eppure - insiste il leader dei Ds - ti avevo detto che per te ci sarebbe stato un posto al governo». Turci non può negare che l’offerta gli sia stata fatta, ma proprio questo gli dà la forza per spiegare a Fassino le motivazioni vere della sua scelta: «Per me - osserva il senatore - sarebbe stato molto più comodo fare il sottosegretario nella prossima legislatura, piuttosto che candidarmi in una lista piccola, che si presenta per la prima volta, con il rischio, quindi, di rimanere a terra». La conversazione finisce, ognuno rimane sulle sue posizioni e a Fassino resta l’amaro in bocca perché sa che nell’elettorato d’opinione diessino le scelte decisamente laiche della Rosa nel pugno vengono viste con grande interesse.
Anche Gavino Angius, che di Turci è il capogruppo al Senato, ci è rimasto male perché l’esponente dell’area liberal dei Ds non gli aveva anticipato le sue intenzioni. Ma Turci con qualcuno aveva parlato, tempo fa, prima di compiere il passo definitivo. Con Enrico Morando, leader dei liberal della Quercia e grande amico dell’ex presidente della Lega delle cooperative. «Sì - conferma Morando - mi aveva accennato a questo suo travaglio. Lui era convinto che nei Ds non vi fosse più spazio per condurre certe battaglia laiche, io gli avevo replicato che così non era. Comunque, anche se io non condivido la scelta di Lanfranco è chiaro che la rispetto e che non considero il suo un tradimento. Lui è veramente convinto di quello che fa, la sua è una decisione politica e per questa ragione il nostro rapporto d’amicizia resterà quello di sempre». Ma le parole di Morando non sono le stesse che si sentono nei corridoi del Botteghino. La "velina rossa", che raccoglie gli umori dei dalemiani, scrive di disapprovare le «cosiddette crisi spirituali di Turci».
Però, al di là dell’arrabbiatura a caldo, che ha colpito anche il segretario Ds Piero Fassino, i dirigenti della Quercia, a mente più fredda. tentano di ragionare su quanto sta avvenendo. Il caso Turci è ben diverso da quello dell’ex sottosegretario Ds Piero Soriero, che - è notizia di questi giorni - sta meditando di andare con Antonio Di Pietro, perché la Quercia non gli offre un posto in lista. La responsabile organizzazione del Botteghino, Marina Sereni, avverte Soriero: «Se ti candidi con Italia dei valori sei fuori del partito». Toni ultimativi che non vengono ovviamente usati con Turci, che rappresenta un pezzo di storia del Pci e del mondo delle cooperative. Il suo addio non si può minimizzare né ridicolizzare. Prova a ragionarci sopra Peppino Caldarola: «Lanfranco - dice l’ex direttore dell’Unità - ha fatto una scelta di campo, non una scelta opportunistica: lui pensa che quello sia il terreno dove coltivare la sua idea socialista e libertaria. Turci si trova ormai a suo agio con quel mondo e pensa che il suo ruolo politico sia lì. Non possiamo banalizzare questa decisione. Anzi, dobbiamo cominciare a pensare di costruire un’area socialista anche all’interno dei Ds perché ce n’è veramente bisogno». Ce n’è «bisogno» sì, anche perché pare che altri diessini approderanno alla Rosa nel pugno... Il prossimo è Salvatore Buglio, ma non sarà l’unico.
Maria Teresa Meli


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Quei Ds che hanno scelto la Rosa nel pugno
di PIERLUIGI BATTISTA
Le famiglie politiche del Novecento si scompongono e si riaggregano secondo disegni sinora imprevisti. Tramontano appartenenze obsolete e se ne affacciano di nuove, si incrociano biografie divise da decenni, si mescolano culture che apparivano, fino a una manciata di anni fa, rigide e immodificabili. Gli scettici che hanno interpretato la nascita della Rosa nel pugno come una sommatoria obbligata dalle circostanze tra la pattuglia radicale e uno dei frammenti della diaspora socialista forse dovranno ricredersi, perché nell’arcipelago del centrosinistra quel principio di fusione ha accelerato movimenti profondi. Sul versante moderato si stava già consolidando il disegno di Francesco Rutelli, nel quale l’attenzione al mondo cattolico si combina con una più netta sottolineatura della scelta di campo occidentale e un ascolto non sporadico ai temi della modernità industriale. Poi, nell’area della Quercia, si è resa visibile l’emersione di una cultura sempre più emancipata dalle zavorre ideologiche del passato (anche per questo Piero Fassino ha voluto partecipare in prima persona al battesimo della nuova formazione che ha messo insieme i radicali di Pannella e i socialisti di Boselli). E adesso il marcato profilarsi di un’area culturale che nella Rosa nel pugno trova l’espressione di una sensibilità liberale di cui il centrosinistra ha vitale bisogno e anche un’opzione occidentale senza tentennamenti, tanto da suggerire a Emma Bonino dichiarazioni di esplicito consenso alla proposta di non modificare la linea dell’attuale governo su Israele avanzata da Rutelli: proprio il Rutelli così frequentemente preso di mira dai radicali sulla «questione cattolica».
L’adesione di Turci, di de Giovanni (e di Salvatore Buglio) alla Rosa nel pugno è il sintomo che questo variegato lavorio in favore di una nuova identità politico-culturale del centrosinistra sta dando i suoi visibili frutti. E sta seminando scelte nuove anche in un’area politico-culturale, quella che si coagula attorno a una rivista come le Nuove ragioni del socialismo di Emanuele Macaluso, che in passato era apparsa più refrattaria a disfarsi della vecchia identità socialdemocratica della sinistra. Un’area (che proprio pochi giorni fa, nei festeggiamenti per i dieci anni della rivista di Macaluso, ha accolto Pannella come uno dei suoi protagonisti) vicina, contigua o addirittura compenetrata con quella del Riformista , il cui direttore Antonio Polito si presenterà alle elezioni per la Margherita «in quota partito democratico» e sulle cui pagine arancioni ha trovato espressione l’ala più liberal dei Democratici di sinistra.
Può darsi, sostengono i disincantati, che tutto questo terremoto di appartenenze e di identità non porterà a niente di stabile e di strutturato. Ma almeno questo mischiarsi di culture ha sottratto la prospettiva del «partito democratico» al quadro poco entusiasmante di una confluenza di apparati, di un incontro deludente, variante del ventunesimo secolo di un nuovo compromesso storico, tra ex democristiani di sinistra ed ex comunisti. L’apparente confusione di oggi può essere la base per qualcosa di meno effimero domani. Può insomma accadere che, anche grazie alle nuove aggregazioni che si realizzano attorno alla Rosa nel pugno, il nucleo del nascituro partito democratico contenga in sé un frammento di anima liberale di cui era sinora drammaticamente priva. Qualcosa di molto più profondo di una competizione sulle candidature.


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LA GIORNALISTA
Mafai: serve laicismo Firmerò per aiutarli a presentare le liste
ROMA - L’uscita dai Ds di Lanfranco Turci, non ricandidato e passato con lo Sdi-La Rosa nel pugno ufficialmente per motivazioni «laiche», non l’ha sorpresa più di tanto. Anche perché Miriam Mafai, editorialista della Repubblica , scrittrice, figura storica del Pci (è stata anche la compagna di Giancarlo Pajetta) e ora militante diessina, che ha condiviso con l’ex presidente della Legacoop la battaglia per il sì al referendum contro la legge sulla procreazione assistita, sa bene quanto nella Quercia siano diffusi i malumori di chi lamenta una progressiva perdita di laicità. Tanto da essere pronta a firmare le liste dei radical-socialisti. A parte le titubanze sul referendum, lei non ha neppure gradito l’ outing di alcuni dirigenti del partito, a cominciare dal segretario Piero Fassino, che si sono dichiarati credenti.
«Se è per questo non condivido affatto neanche le dichiarazioni di Livia Turco, secondo cui il crocefisso è un segno di laicità».
È tentata di fare come Turci?
«Assolutamente no, però sostengo fortemente il diritto della Rosa nel pugno a far parte dell’Unione. Dico di più: sono pronta a dare la mia firma per consentire a quel partito di presentare le liste. E mi schiero pure con Valerio Zanone».
Ma oltre a firmare la loro lista potrebbe anche votare per Enrico Boselli e Daniele Capezzone ?
«È fuori strada. Alla Camera voterò per i candidati della lista unitaria dell’Unione».
Mi pare ovvio. Ma invece al Senato, dove la lista unitaria non c’è?
«Voterò per i Ds. Su questo non ci piove: chiunque conosca la mia storia sa che non potrebbe essere diversamente. Resto convinta che la battaglia per i valori laici vada condotta in primo luogo nel mio partito. Del resto, come farei a votare, che so, per la Margherita, che ha fra i suoi candidati una integralista cattolica come Paola Binetti...»
S. Riz.



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LA REPUBBLICA
21 febbraio 2006
Turci e De Giovanni lasciano i Ds
Dalla Quercia alla Rosa nel pugno nel nome della laicità
Il liberal Morando: "Lanfranco sbaglia a lasciare i Ds" Soddisfatti Sdi e radicali: "Abbiamo un magnetismo politico"
Lettera dell´ex presidente di Emilia Romagna e Lega Coop al segretario dei Ds Fassino
Lo storico: "Scelta per una sinistra moderna, radicale, socialista e liberale che porti passioni nuove"

ROMA - Al Botteghino è arrivato come un fulmine a ciel sereno: Lanfranco Turci, il compagno della direzione, una vita di battaglie con il Pci-Pds-Ds, per nove anni presidente della Regione Emilia Romagna (1978-87), per cinque alla guida della Lega coop (1987-92) abbandona la Quercia per candidarsi con lo Sdi e i Radicali della "Rosa nel pugno".
Un addio messo nero su bianco in una lettera al segretario che è un duro atto d´accusa: «Caro Piero, ti comunico che ho deciso di accettare la candidatura che mi è stata offerta dai compagni della "Rosa nel pugno". La ritengo una scelta coerente con le battaglie ideali condotte in questi anni in primo luogo durante la recente campagna referendaria sulla legge 40». Tra le motivazioni dell´abbandono: troppo flebile la difesa della laicità, troppo remissiva la Quercia nei confronti dell´offensiva di Rutelli e dell´Udeur. Turci - che del comitato per il referendum contro la legge sulla fecondazione assistita è stato instancabile tesoriere - parla di «disagio profondo» e di «insoddisfazione» per come sono stati rimossi i temi del referendum. Ma nessuna rivalsa, aggiunge, per non essere stato ricandidato dai Ds, che non hanno ritenuto nel suo caso di derogare al vincolo statutario in base al quale non sono ripresentati i parlamentari con più di due legislature alle spalle.
Non è il solo a passare con la "Rosa nel pugno". Anche un altro esponente della intellighenzia diessina, lo storico della politica Biagio De Giovanni, fa la stessa scelta. «Aderisco all´invito di Pannella e Bonino - spiega - La mia vuole essere una testimonianza calorosa e convinta per una sinistra laica, moderna, radicale, socialista, liberale che porti aria fresca, passioni nuove, in un quadro in cui sembrano prevalere anche a sinistra atteggiamenti conservatori se non addirittura regressivi su molti temi».
Nei Ds monta il malumore. Nessuno ammette di essere preoccupato ma i giudizi sono severi. Fassino chiama Turci al telefono quando apprende la notizia dalle agenzie di stampa. Una nota del Botteghino esprime «stupore» per la scelta e conferma che «solo pochi giorni fa il senatore Turci aveva accolto con soddisfazione la proposta del segretario di una significativa funzione di governo» sempre che l´Unione vinca. Peppino Caldarola definisce Turci «ingeneroso» poiché non si può davvero dire che il partito e il segretario si siano «spesi poco» sulla fecondazione assistita. «La battaglia per la laicità non l´ha combattuta da solo». Non condivide Enrico Morando, il leader della corrente "liberal" della Quercia: «Sbaglia Lanfranco a dire che nei Ds non ci sono risorse per fare prevalere la laicità dello Stato». Ancora più netto il cristianosociale Mimmo Lucà: «In definitiva è coerente con la sua linea di condotta basata su posizioni radicali: sul referendum il partito ha dato più retta a lui che a noi cattolici».
L´insofferenza serpeggia sotto la Quercia. L´ex sottosegretario Pino Soriero annuncia a sua volta di candidarsi con Italia dei Valori di Di Pietro. Gli risponde Marina Sereni, responsabile organizzazione della Quercia: «O con noi o con Di Pietro». A essere soddisfatti sono Sdi e Radicali. Roberto Villetti fa notare che per la prima volta i passaggi non avvengono dall´area socialista ai Ds bensì al contrario: «Abbiamo magnetismo politico». Bobo Craxi, che ha portato un pezzo di Nuovo Psi a sinistra, non chiude la porta a possibili alleanze con la "Rosa nel pugno". Le liste sono quasi pronte: Boselli e Emma Bonino dovrebbero essere capilista alla Camera in modo alternato; Pannella e Intini al Senato.
(g.c.)


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L´INTERVISTA/1
Lanfranco Turci: disagio per la remissività dei Ds
"Dopo il referendum è scattato il silenziatore"
GIOVANNA CASADIO

ROMA - «Ho scritto a Fassino, l´ho sentito al telefono e poi mi hanno chiamato moltissimi compagni...». Lanfranco Turci è travolto dalle reazioni di «amici e nemici». Dopo 49 anni di militanza, dà l´addio alla Quercia e si candida con la "Rosa nel pugno" in quota Radicali.
Il fatto di non essere stato messo in lista dai Ds ha influito, senatore Turci?
«Ma se mi avevano offerto un posto da sottosegretario! Invece così sono in prima linea nella battaglia e neppure sicuro del successo. Non è una scelta carrierista e di potere».
Malessere politico, quindi?
«Il mio malessere profondo è che, pur essendosi trasformata la cultura politica dei Ds, non è cambiato il sistema di potere. Si continua a governare dal centro, cooptando in termini più di fedeltà che di meriti. Nella mia vicenda politica dentro il partito mi sono trovato quasi sempre in minoranza, prima da migliorista poi da socialdemocratico (e queste parole venivano usate contro di noi in termini di scherno), poi da riformista e liberal. Ho pagato i miei prezzi per quelle scelte, perché in politica soprattutto nella tradizione comunista non c´è nulla di peggio che avere ragione in anticipo».
Cosa rimprovera a Fassino?
«Io parto dal fatto che le battaglie per la laicità - che poi si condensano attorno al referendum contro la legge 40 - hanno fatto fatica a sfondare nel gruppo dirigente. C´è stato un ritardo anche se negli ultimi venti giorni Fassino si è impegnato a corpo morto. Critico la rimozione del problema dopo il mancato quorum. Nel programma dell´Unione non è nemmeno citata la legge sulla fecondazione assistita. Non passa la parola Pacs. E intanto Rutelli presenta una proposta di legge che per quanto riguarda la ricerca scientifica, peggiora la legge 40. In più, candida nelle liste della Margherita Paola Binetti, la presidente del comitato "Scienza e vita" legato a doppia mandata al cardinale Ruini. Rispetto a questa offensiva, c´è una remissività e un silenzio in casa Ds che crea disagio in migliaia e migliaia di elettori i quali credono nell´importanza di questi temi per una società laica e liberale».
Una critica pesante la sua, va via sbattendo la porta?
«No. Ma le cose che dico sono sotto gli occhi di tutti: ci sono state le aspettative e le forze messe in movimento con il referendum sulla procreazione assistita e poi il silenziatore. Non credo che tutto ciò si giustifichi solo con le esigenze di convivenza, c´è piuttosto la non assunzione piena e convinta dei valori della laicità e liberali che sono vitali per una concezione moderna della democrazia. E poi, ma non generalizzo questa accusa, c´è una dose di cinismo, di trionfo del "politicismo"».


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L´INTERVISTA/2
Livia Turco: " I Ds non soffrono nessuno sulla laicità"
"Sono distinguo assurdi il programma è chiaro"
GOFFREDO DE MARCHIS

ROMA - Alle otto di sera Livia Turco è in giro a raccogliere voti nelle province toscane. «Turci ha lasciato i Ds? Si candida con la Rosa nel pugno? Una decisione singolare».
C´è un deficit di laicità nei Ds che si può colmare solo guardando da un´altra parte?
«Se c´è un partito che si è battuto per la laicità, dai referendum per la procreazione assistita alle unioni di fatto, sono i Ds. Che non subiscono ricatti da nessuno. Semmai avrei io qualcosa da eccepire, come cattolica... Mi sorprende la scelta di Turci perché nell´appartenenza a un partito non contano i singoli temi».
Sul programma la Quercia ha ceduto. I Pacs, per esempio.
«Turci, che viene dalla cultura migliorista, dovrebbe insegnarmi che un programma è mediazione. E i Ds non hanno avuto nessun cedimento sul progetto».
I Ds possono soffrire le spine della Rosa nel pugno su certe battaglie?
«I Ds non soffrono nessuno quando si parla di laicità. Anzi, per certi aspetti siamo stati anche troppo laici e dopo il referendum sulla fecondazione nel partito si è aperto un dibattito sulle disattenzioni verso le ragioni del non voto. Sulle astensioni non ha influito soltanto la gerarchia ecclesiastica».
Anche Biagio De Giovanni si candida con i radical-socialisti.
«Davvero? Alla faccia della coerenza. Non lo sapevo così appassionato al tema dei diritti civili. Ho letto sue cose sull´Europa, su etica e politica... Mi dispiace anche per lui».
Fatto sta che la Rosa nel pugno calamita qualche dirigente diessino. Sarà così anche per i voti?
«Non credo, credo invece nel rischio di balcanizzazione dell´alleanza. La coalizione si regge su pesi e contrappesi e punta a una sintesi inedita. L´Unione non è un mosaico dove ognuno mette la sua patacca, ma un nuovo dipinto. Difendo il progetto di sintesi di Prodi con le unghie e mi amareggiano i distinguo di fronte a un vero programma».
Le battaglie di Pannella sono patacche?
«Non dico questo. Ma attenzione a capire gli umori profondi della società italiana. Che chiede sicurezza, senso, futuro per i figli. Domande vere a cui dobbiamo dare risposte vere. Per carità, la domanda sull´invadenza della Cei nella politica italiana c´è. Ma se dimentichiamo che l´Italia ha anche altri bisogni, il 9 aprile ci aspetta un´amara sorpresa».
Turci accusa i Ds di non tenere alta la bandiera laica. E forse userà questo argomento in campagna elettorale.
«Non ci provi, non deve usare come argomento la scarsa laicità dei Ds. Lo stimo, mi dispiace che se ne vada, ma sul terreno della laicità anche noi abbiamo buoni argomenti».






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